domenica 30 luglio 2006

Monte Conca 23.07.06

La partenza è fissata (tanto per cambiare) al bar di via Oreto alle 7:30. Dato che il viaggio si prospetta lungo facciamo benzina, ma è mattina presto e il dio pagano della tecnologia ancora non si è svegliato, con il risultato che il self-service alla pompa impazzisce e la Stocca ci rimette i soldi della benzina (cosa che verrà discussa il giorno seguente col benzinaio).

Il tempo passa e perdiamo minuti preziosi che ci separano dalla nostra meta. Risolta questa mancanza partiamo in direzione Milena. Le code di macchine sulla statale non ci rallentano più di tanto e grazie all’abilità dei due provetti Siumaker alla guida recuperiamo il tempo perduto.

Arrivati a Milena incontriamo il nostro mentore e maestro di vita "Vincenzo" che ci avverte della sostenuta quantità d’acqua presente nell’inghiottitoio, mossi da curiosità decidiamo comunque di entrare. Sottolineo che noi novizi eravamo con le tute di cotone.

L’entrata nella grotta viene affrontata agevolmente tra i fetori dovuti ai residui organici dei piccioni in decomposizione, sabbie mobili improvvise e fortuiti incontri con volatili.

Si arriva così sopra il primo pozzo passato da tutti con sicurezza. Scesi, di fronte a noi si presenta una piccola cascata; (come ho letto) il saggio dice: prima di passare sotto la cascata ci devo pensare due volte, noi ci pensiamo solo mezza e questa è superata tra imprecazioni e maledizioni varie. Si prosegue in piano verso il secondo pozzo, che viene anticipato essere più “difficilotto” per la grande quantità d’acqua che affluisce in esso.

Gli armatori decidono quindi (per farci un piacere), di montare un deviatore per evitare di scendere sotto un “frocione d’acqua”. Il deviatore un po’ corto crea difficoltà a qualcuno, ma chi più chi meno lo passa, discendendo affiancato (e poi manco tanto) dal copioso fluire delle acque (tanto speranza di uscirne asciutti non c’è né era). Arrivati al fondo di questo pozzo bagnati ma non completamente, la nostra attenzione è attirata dai giochi di luce dei caschi dietro alla seconda cascata.

Passata questa “cascatina” (anche questa volta mezzo pensiero e nulla più) di botto alcuni di noi vengono riportati alla fredda e bagnata realtà (ma cu mù fici fari ù speleologo?). Ci appropinquiamo in seguito alla discesa del terzo pozzo, che mancava solo del via libera delle autorità preposte. Durante il periodo di attesa si cerca di ingannare il tempo con balletti e canzoncine varie (se non per cercare di scaldarsi un po’). Mi sento di fare da portavoce se dico che sentivo nei miei stivali la nascita di un nuovo ecosistema marino e l’inizio di quello che qualcuno chiama piede da trincea. Poco dopo l’Oriola e MarcoN portano il verdetto, troppa acqua e stare bagnati troppo tempo non è cosa buona. L’acqua al terzo pozzo ancora una volta ci tradisce e ci deruba delle nostre aspettative cariche di speranza.

Ormai assammarati, affamati e in regime di semiipotermia si decide di uscire ed è allora che ricordo un vecchio detto: “a scinniri tutti i santi aiutano…”.

La risalita sotto l’acqua è inevitabile ma ormai siamo abituati alla vita dura. Personalmente ero stremato e le forze erano ormai a livelli bassissimi, tanto che per uscire dal primo pozzo ho inventato nuove figure da applicare nei momenti di intimità speleologici, chiedete ai presenti.

Usciti ritroviamo l’ormai dimenticato amico piccione che intrattiene con Giorgia una discussione sul volo battuto in grotta, cosa che comporta in lei una sensazione che alcuni definirebbero: Paura? Spavento? Sorpresa? Noi diciamo solo cacazzo.

Ormai sazi d’acqua e alquanto assetati e disidratati cerchiamo di rifocillarci a dovere e tra un cocco (di cui qualcuno sfruttò anche il latte come abbronzante), panini, mandorle e barrette energetiche sciolte dal sole, ci prepariamo al rientro.

Ma viene fatto notare da qualcuno essere troppo presto e allora, in questi momenti perché non pensare alla collettività, lavando tutti i circa cento metri di corda con sacchi e attrezzature (personali e non) annesse? Così, sperimentando tecniche idrauliche che farebbero impallidire i costruttori degli acquedotti romani qualcuno decide di lavarsi anche la macchina. Il sole è implacabile e gli abbigliamenti che in una civiltà culturalmente progredita vengono definiti normali sono stati abbandonati da tempo dentro le vetture. Dopo circa un paio d’ore (spese quasi tutte per lavare quel maledetto 35 del vento) passiamo a salutare l’indaffaratissimo Vincenzo e via alla volta del bar S. Pietro dove alla meno peggio cerchiamo di sopperire alla nostra mancanza di zuccheri e sali minerali con birra, brioche e patatine.

Qualcuno lì ha fatto pure colpo su qualcuno (non ho sbagliato a scrivere ho detto proprio qualcuno su qualcuno) e cosi tra presunti incontri notturni, battutine sui tre diti e il ricordo della famosa via Sandalo, ritorniamo a Palermo battendo ogni record di percorrenza sulla Pa-Ag intasata dal traffico.

Cosa abbiamo imparato da questa uscita?

1) Mai dire di avere una sorella a qualche membro del gruppo.

2) Quando andate a Monte Conca portatevi sempre un cambio asciutto.

3) Che “ù pilu è bello, ma no nà pasta”.


Notizia di Gebedia

Partecipanti:

Oriola, Stocca, Piero, Simione, Marco N., Giorgia e Ceres e/o Gebedia.

mercoledì 5 luglio 2006

Monte Conca 2.07.2006

waiting Gaetenia

Zubbia Camilleri - Scala dei Turchi 2.07.06

L’orario dell’appuntamento è le 7:30 ed il luogo è sempre lo stesso, mi sa che poco ci manca e ci danno le chiavi del bar così la domenica apriamo noi. Aspettati gli ultimi ritardatari, si parte con destinazione Zubbia Camilleri, una piccola, ma bellissima, grotta nei gessi, non molto lontana da Cattolica Eraclea.

Alcuni dei ragazzi, non ancora bene usciti dalla fase REM (dovevate vederli all’appuntamento!) si ci ri-infilano conciliati dal lungo viaggio e dalla guida cullante dei conducenti.

Arrivati ad Agrigento la fame e la vescica di alcuni, hanno il sopravvento e si va alla disperata ricerca di un supermercato o bar o simile con annesso bagno. Finalmente a Porto Empedocle troviamo un supermercato meraviglioso: aria condizionata, inebriante odore di salumi appena affettati, pizze appena sfornate nel reparto pane, dolciumi e porcherie buonissime di ogni tipo e dulcis in fundo un favoloso bagno, anch’esso con aria condizionata… morale della favola: rimaniamo li per oltre mezz’ora.

Ricordatici dello scopo dell’uscita, torniamo alle macchine e ripartiamo, finalmente dopo un’ oretta si arriva in prossimità dell’ingresso della Zubbia.

Ci si prepara, si effettua l’avvicinamento e verso le 12:00 siamo dentro.

I ragazzi, sopratutto i nuovi, sono subito piacevolmente stupiti dalla bellezza delle morfologie carsiche delle grotte gessose; lo stupore li accompagnerà per tutta la grotta.

La Zubbia sarà percorsa solo in discesa, sfruttando le corde fisse presenti, quindi si uscirà dalla risorgenza.

La prima a scendere è la Stocca che guiderà il gruppo per l’intera uscita, a chiudere io che controllo la discesa dall’alto. Si nota subito come alcuni non siano ancora usciti dalla sopraccitata fase REM, in particolar modo Antonio, che in un solo pozzo combina due minchiate: 1- monta male la corda nel discensore, 2- si allongia ad un deviatore, scambiandolo per un frazionamento…hi hi! Per fortuna gli cafuddiamo quattro male parole e finalmente si sveglia.

Dopo il primo pozzo non avevo ancora visto i naturalisti ravanare in mezzo al fango alla ricerca di ossa, mi cominciai a preoccupare, ma la preoccupazione durò poco perchè dopo un pò sentii i primi discorsi e ancora dopo cominciai a vedere anche qualche ossicino, non avevo scampo ero circondato, quattro dei nove partecipanti erano naturalisti e alla fine anche Antonio è stato contagiato, infatti ha trovato un’interessante mandibola che ho preso x portarla ad esaminare (hanno contagiato un pò anche me).

In un paio di ambienti abbiamo scattato qualche foto.

Scesi tutti i pozzi abbiamo girato le zone basse prima della risorgenza, qui di acqua ce n’era parecchia ed è andata a finire a schizzi e arruciate, vi dico solo che uno col sedere asciutto non è uscito; Giorgia in particolar modo ha incontrato delle strane sabbie mobili… hi hi!

Chiaramente non poteva mancare la ricerca di animali di ogni tipo, in particolar modo è stata fatta amicizia con ragni e rane..


Una volta fuori, arrivati alle macchine, dopo l’immancabile foto di gruppo,

ci si prepara per partire alla volta della tanto sognata "scala dei turchi", ma adesso le cose si complicano ed a causa di uno sciagurato gesto di Antonio, l’allegra brigata sarà colpita da sventure; vi chiederete cosa avrà mai fatto, ebbene si, ha staccato il pupazzo della Pantera Rosa che era attaccato al vetro della macchina, gesto che la Stocca aveva dichiarato essere di malaugurio. Neanche 500 metri di strada ed io buco… il copertone è totalmente fuori uso, ci fermiamo a cambiarlo ed un’improbabile signorina ci da una mano… poi io le do qualcos’altro… hi hi!






Finalmente

dopo un pò di peripezie e giri vari si arriva alle "scala dei turchi", il posto è meraviglioso, Antonio, Cristina I. ed io facciamo il bagno, il sole ormai sta x andare via e decidiamo di goderci il tramonto da quell’angolo di paradiso.








Col buoi torniamo alle macchine e facciamo strada per il rientro, ma prima ci concediamo una breve sosta rifocillante al bar.

Ormai la giornata si volge al termine, ma la Sventura non si è scordata del gesto di Antonio e ci scorta fino a Palermo, è così che lungo la S.S. Pa-Ag ad un cane viene la felice idea di fare una passeggiata al chiaro di luna e chi va a passare da li proprio in quel momento?! La Stocca…!

Per fortuna lo Schumy che è in lei esce fuori e dopo la frenata riesce a controllare la macchina.

Picciotti, non toccate + quella c…o di Pantera Rosa!

Per fortuna arriviamo sani e salvi a Palermo, ma Antonio deve: un copertone nuovo a me ed un paio di mutande pulite alla Stocca.


Partecipanti: Antonio, la Stocca, Cristina, Livia, Pietro, Silviamiao, Rosario, MarcoN, Giorgia.
Notizia e foto di MarcoN