È una ridente mattina di fine estate (cielo nivuro e caldo che si muore) quella che ci vede protagonisti di questa nuova avventura speleologica.
L’appuntamento è all’ospedale Cervello (a me zuona) ad un orario concertato comodamente per le 10, ma come si sa il traffico fa sempre brutti scherzi e c’è chi arriva alle 10.30. Recatici in Piazza Lampada della Fraternità (e non piazza Cruillas che sarebbe l’altra), ci appropinquiamo speranzosi al bar per una lauta colazione prima della grotta. Io che conosco i miei polli mi dirigo direttamente al panificio, alla fine scappiamo senza avere mangiato. La nostra meta di oggi è la grotta pietrazzi (stagione di anatre, stagione di conigli!). La grotta, previamente visitata da altri membri del nostro gruppo, si sviluppa in contrada Pietrazzi, (Alberto correggimi se sbaglio!). Ci cambiamo e come sempre Piero è l’ultimo, persino io mi sono imbragata abbondantemente prima di lui, sarà che dopo i miei buoni cazziatoni presi, ho anche imparato a sbrigarmi. Piero è così lento che non sa nemmeno mettere le batterie nel casco tanto che Simone e Ceres si vedono costretto ad aiutarlo (hi hi hi)!!! Per raggiungere la grotta si deve attraversare una piccola porzione di territorio spesso occupata da cavalli e vacche che alle volte possono anche mostrarsi poco amichevoli. In compagnia di mosche, sudore e zecche ci rechiamo all’ingresso, Piero fa strada, io e Simone lo seguiamo e dietro Ceres e la Stocca. E si entra!
Quella che ci si presenta davanti è una grotta molto bella e molto concrezionata, attraversiamo gli ambienti in arrampicata, senza montare corde, anche se alcuni tratti la richiederebbero. Ceres, la Stokka e Piero fanno i becchini (raccolgono ossa), Simone fotografa muffe e io mi limito a guardare la roccia che solo in certi punti affiora da sotto le concrezioni.
Ci troviamo in un enorme fratturone, ricco di massi crollati, la roccia che si intravede nelle pareti è decisamente poco rassicurante, ampiamente fratturata e alquanto instabile, ma ricoperta da un manto di calcite che come una coperta ne nasconde la fragilità. Piero guida la carovana, e ci guida attraverso un ambiente dopo l’altro. Dopo circa 2 ore arriviamo alla base, un salone grande e riccamente concrezionato, dall’alto pendono centinaia di stalattiti e cannule, medusoni , il pavimento è costituito da enormi blocchi crollati e riconcrezionati. In alcune parti il “latte di monte” ricopre alcune porzioni di rocce, è anche possibile scorgere alcuni bellissimi cristalli di aragonite. Il pranzo, gentilmente offerto da Ceres, si protrae tra le varie chiacchiere, l’intrattenimento invece è stato garantito da un anonima, pelosa e alquanto disgustosa danzatrice di lapdance, a voi l’onore di indovinare chi sia.
E finalmente tra una presa in giro e l’altra ci dirigiamo verso l’uscita. Il rientro si rivela abbastanza veloce, in circa 35 minuti siamo fuori. Un bel toro ci blocca la discesa verso le macchine e poi anche un simpatico cavallo tutto nero e poco amichevole, arriviamo alle macchine ci cambiamo, (Piero è di nuovo l’ultimo) e via verso il gelatiere. Cosi si chiude la nostra giornata speleo. Senza che nessuno me ne voglia, questa giornata la dedicherei a Piero, agli animali morti e alla ricerca del Piviere dorato.
Partecipanti
Ceres, La Stokka, l’omero di coturnice (Piero), Simone, Rosi
Notizia di Rosi; Foto di Ceres
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