mercoledì 13 febbraio 2008

Grotta Pietrazzi 11.02.08

La morte del coniglio era una bufala!

Il noto Mangia-carote è risorto e si è mostrato alla altrettanto nota banda delle SpeleoSeghe in tutto il suo splendore, opacizzato un po’ dall’ingente quantità di fango.. ma non voglio mettere le mani avanti.
Andiamoci con ordine..

L’appuntamento è alle 9:00 di Lunedì davanti casa della Capra:
Green Mile si sveglia alle 7:40, prende il treno alle 8:30, arriva alle 9:00 alla stazione, passa ‘U Spinciunaru, si va da Nemo e si arriva tutti inebriati e disgustati, ma rifocillati, dal grappino “Filu e Ferru” di ‘U Spinciunaru, dalla Capra. L’appuntamento si sposta automaticamente alle 9:30 sotto le bestemmie della Capra, le prime di una lunga giornata.
Ma nonostante tutto ci armiamo di santa pazienza, l’unica armata della giornata, e ci dirigiamo presso località Pietrazzi, vicino il quartiere Cruillas di Palermo, noto per..vabbhè lasciamo stare.
Posteggiata la macchina, tra battute e risate, ci si prepara per cominciare la luuuuuunga salita (almeno per uno di noi) che ci porterà all’ingresso della grotta. O almeno era l’intenzione del gruppo, capitanato dalla CapraSensoDiOrientamento0EMemoriaInfallibile e da Nemo, che può succedere la qualunque, tanto le uniche cose che fa sono camminare dritto come i cavalli a meno che non gli si dica di girare e dire “Sfabbricidi, sfabbricidi..”.
Mi spiego.
A parte le ore di ritardo che il nostro Produca-Fiatelle durante la salita ha aggiunto al ritardo già accumulato da me (eh si purtroppo sono fin troppo ritardatario e uso la scusa del treno ogni volta buahah ), l’orientamento e i vaghi ricordi della Capra, sostenuti da un dubbioso Nemo, ci portano ad uno pseudo-ingresso della grotta, ovvero un ammasso di balatoni di calcestruzzo uno sopra l’altro.
E sotto gli ordini e la gestione della Capra (atto a fare solo questo) , io Nemo e ‘U Spinciunaru ci apprestiamo a spostare un balatone di enormi dimensioni inutilmente e notare che lì, proprio in quel punto, di buchi non ce n’è ne traccia ne odore, e questo in fondo è plausibile visto chi ci ha fatto da guida..
Abbandonato il luogo, Nemo si mette alla guida del gruppo e finalmente trova l’ingresso della grotta, coperto da un insignificante pezzo di calcestruzzo, almeno nei confronti di quello che abbiamo spostato precedentemente.

Aperta l’apertura (?) finalmente la Capra riesce ad infilarsi nel buco e uno dietro l’altro (io, ‘U Spinciunaru e Nemo) entriamo nella grotta!
La prima parte si presenta come un piccola strettoia, in discesa, di terra e fango, caratterizzata ai lati da stanzette ornate da abbondanti concrezioni (alla destra) e da un pozzetto (alla sinistra) che si ricollega con la stessa strettoia, la quale sbuca nella prima sala.



Già qui, io e Dago, restiamo impressionati dalla quantità e bellezza delle concrezioni e decidiamo di scattare alcune foto, alcune delle quali romantiche e appassionanti.



La grotta si sviluppa lungo una faglia, che probabilmente si sarà attivata in più riprese, visto la morfologia di alcune colonne, il cui piano è già visibile attorno a questa sala. Continuiamo la nostra discesa lungo il fango, aggirando la prima sala, e gradualmente dal fango si passa ai balatoni di roccia carbonatica da attraversare in arrampicata.
Ci fermiamo per qualche foto leggermente ambigua e raggiungiamo il primo di numerosi bivi, che hanno fatto confondere la già malridotta memoria del nostro capo guida, ovvero la Capra.



Da questo momento la mia frenetica mania di esplorazione ha avuto la meglio sull’incerta e tantomeno rassicurante guida della Capra, e ho scelto con un colpo di stato di guidare il gruppo prendendo a destra del bivio (colpo di stato che si e no è durato 2 minuti). Scelta questa strada giungiamo ad un pozzo abbastanza profondo che non riusciamo a scendere in arrampicata e quindi si decide di aggirarlo, per iniziativa di Dago (m’abbuttò chiamarlo ‘U Spinciunaru, troppa fatica).
Perplessi per questa sprizzante voglia di prendere la testa del gruppo, scopriamo in breve che la necessità era un’altra: dar sfogo al suo buco nero.
E così intraprende una via in solitario, esce, e si apparta per raggiungere il suo obiettivo, mentre il resto del gruppo si appresta ad aggirare il pozzo e ad esplorare la parte sinistra in cerca di una via, anzi di quella famosa via che dovrebbe portare ad una maestosa quanto spettacolare sala.
Dopo un po’ di arrampicate, io mi infilo in un piccolo stanzino e passata in una strettoia mi ritrovo sopra dei blocchi franati e proprio davanti il piano di faglia, mentre Nemo e la Capra, si ritrovano alla mia destra un po’ più distanti intenti a scendere lungo una piccola ma ripida parete che poi portava ad un sentiero parallelo al piano di faglia e proprio sotto la mia posizione.
Nemo, intraprendente e fiducioso di aver trovato la giusta via, scende e si ferma alla base della prima parete a dare manforte alla Capra, che accompagnava la sua discesa con parole di stizza e lamenti.
Passata una buona mezz’oretta ci raggiunge nuovamente Dago e nel contempo assistiamo alla caduta di Nemo che si procura alcuni tagli alla mano.
Comunque fatto sta che di là non si andava da nessuna parte perché chiudeva e quindi, munitosi di fazzoletti e guanti per arrestare la fuoriuscita di sangue, Nemo si appresta a risalire insieme alla Capra, con l’intenzione di scendere il pozzo.
Dago, davanti, e io prendiamo la prima via visibile, ma qualcosa blocca il nostro cammino.
A parte la difficoltà nello scendere, un altro inconveniente ci raggiunge con inaspettata sorpresa: il personalino di Dago, dopo un suo lancio per toglierselo dalle palle, si insinua all’interno di un buco abbastanza profondo da mettere in difficoltà il nostro TomatoHoney-Man.
Serve un gancio! E così ci inventiamo un moschettone-gancio, tenendo fermo col mio elastico per capelli la chiusura e legato ad una corda, dopo varie peripezie si riesce a tirarlo fuori.
Nel frattempo Nemo trova la strada e una volta risaliti, lo seguiamo e ci fermiamo in una piccola sala dove finalmente la sua memoria (figurarsi se era quella della Capra) torna a risplendere. Siamo sulla giusta via, quindi ci fermiamo a mangiare, perché in effetti è proprio ora di pranzo.
Il pranzo è a base di Sfincione, Pizza, Pane Bianco, Salami ca’ Munnizza e Prosciutto, infine come dessert Cioccolato Milka con Nocciole.
Qualche foto qua e là e poi qualcosa di strano cattura l’attenzione della Capra: ebbene si, ‘U Spinciunaru, dopo il suo pranzo preferito, si stava leccando le dita!! Dita, che dopo sua precisazione, sapevano di Fango, Cipolla, Pomodoro e Merda! Che bontà!



Finito di pranzare, ignorando le volontà di Mauro di tornare perché oramai le speranze di trovare la Sala erano per lui perdute, mi metto alla ricerca di una via scendendo attraverso enormi blocchi ricoperti da luccicanti cristalli di calcite.
Durante il mio percorso, noto abbondanti ossa, tra cui bacino, mandibole e vertebre di non so cosa, ma forse pecore e conigli, intuitivamente e anche per il nome della grotta!
Faccio notare a Nemo che la grotta continua e dopo pochi secondi me lo ritrovo pronto per esplorare. Giunti ad una piccola risalita, ci accoglie un enorme sala anch’essa in prossimità dello specchio di faglia. Tra le esultanze di Nemo per essere nella via giusta, ci raggiunge Dago e dopo ore la Capra, che ancora non ricordava nulla della sua precedente venuta. Bah!
Mi accorgo di un pozzo leggermente profondo e quindi mi addentro sotto massi di crollo per vedere se è raggiungibile e se, casomai lo fosse, ne valeva la pena. Tra guano a non finire e tavole di legno, mi accorgo che non solo è difficile scendere ma anche che probabilmente la saletta che intravedevo da su si chiudeva. Quindi risalgo e ci incamminiamo verso sinistra, dove finalmente arriviamo a questa benedetta Sala, che effettivamente ha un qualcosa di meraviglioso e incantevole. Alta una ventina di metri e larga forse il doppio, è piena zeppa di concrezioni, meduse, colonne enormi di un bianco perlaceo. Molto bella da far mancare il fiato. Tra l’esultanza di tutti e queste precise parole della Capra: “Visto dove vi ho portati, ve l’avevo detto che era bellissima..” , ci fermiamo a fare qualche foto e poi proseguiamo verso sinistra dove al centro di una saletta più piccola si erge una stalagmite bianca che sembra proprio una madonnina al centro di un altare.




Risaliamo un breve tratto, mi infilo in un buco, preceduto da un piccolo laghetto e lì, in fondo si apre una piccola stanzina, un po’ più grande di una persona accovacciata, a forma di cappella. Nemo si mette in ginocchio, congiunge le mani, io mi inginocchio accanto a lui, posiamo per qualche foto e poi, guardandoci tutti e quattro negli occhi, probabilmente attraversati dalla stessa idea, puntiamo la fotocamera pronta per un video, ci accalchiamo tutti assieme e cominciamo ad intonare una dolce e sentimentale canzone..




Dopo la nostra performance, decidiamo di risalire secondo la via più breve, ma più impervia e dopo un po’, e soprattutto dopo averla trovata, raggiungiamo la prima sala, picchiamo la Capra, per l’ennesima puntualizzazione e ci affrettiamo verso l’uscita. Una volta fuori, richiudiamo l’entrata e contenti, soddisfatti e ugualmente stanchi ritorniamo verso la macchina.
Ci cambiamo, diamo spiegazione a gente autoctona e tra pane bianco, sigarette e grappino, andiamo a prenderci una birra al bar di Cruillas dove incontriamo lo zio Gino che ci parla di scienziati e ci ripete perfettamente il teorema di Pitagora e in più, chissà per quale senso nascosto, individua come “a facci lavata ‘ro gruppu” il nostro povero Dago.
Consumata la birra e le patatine, ognuno per la propria strada e cu si vitti si vitti.

Notizie di Green Mile
Foto e video di ‘U Spinciunaru

1 commento:

Leo ha detto...

Non ho parole! ma sono sicuro che Alberto non c'ha dormito tutta la notte...ma non vi ha insegnato niente!!...potevate intonare "La baronessa di Carini"!!